Due settimane di viaggio on the road in USA attraverso 5 stati: un diario di viaggio dettagliatissimo che, se ti appresti a partire, ti servirà per organizzare l’itinerario tappa per tappa.
USA on the road : itinerario di due settimane
Primo giorno: Denver
La partenza è in perfetto orario ed abbiamo la fortuna di avere a disposizione ben 5 sedili in 2. E’ la svolta: un viaggio di 10 ore in queste condizioni ha tutt’un altro sapore.
Arriviamo a Chicago e, dopo un’interminabile fila all’immigrationn ci trasferiamo al terminal 3 dove ci imbarchiamo per Denver.
Atterriamo dopo 2 ore e mezza e, ci rechiamo con la navetta della National a ritirare l’auto prenotata dall’Italia lo scorso maggio ad una tariffa più che conveniente! Dopo aver espletato tutte le formalità (carta di credito, patente, assicurazione ecc ecc) ci indirizzano al park auto dove potremo scegliere la nostra car che ci accompagnerà nel nostro USA on the road. Io sono ammaliata da una deliziosa Crysler rosso fiamma, ma Mik mi fa tornare subito alla realtà: la visuale dal parabrezza non è “panoramica” per un viaggio on the road come il nostro è meglio una più “modesta” e meno “vistosa” Mazda bianca.
Così, getto la spugna, carico la mia roba sulla Mazda e, navigatore alla mano ci dirigiamo con sicurezza al Motel6 airport. Qui, non facciamo in tempo a posare la testa sul cuscino che piombiamo in un sonno profondo.
Secondo giorno:
La nostra sveglia fisiologica suona alle 4 di mattina. Proviamo a ri-dormire, ma niente da fare. Così facciamo il punto della situazione e decidiamo di sbaraccare dal Motel 6 ed andare ad immortalare l’alba tra i grattacieli della Downtown di Denver.
In poco tempo ci ritroviamo sulla statale che ci conduce al centro della città. Sono quasi le 6, trovare un parcheggio in pieno centro a quest’ora è facilissimo, ma capire il funzionamento del tachimetro è impresa più ardua: occorre strisciare la carta di credito (per la modica cifra di 2$) e selezionare le ore di sosta (nel nostro caso 3), mettere l’auto sulle strisce bianche di fronte alla macchinetta et voilà…il gioco è fatto!!
Ci incamminiamo attraverso la 19th verso downtown ed attraversiamo la caratteristica Market street con vecchi edifici coloniali e caratteristici locali. La 16th è invece il cuore della città con la sua street mall, l’isola pedonale che a quest’ora si sta risvegliando.
Molti locali sono aperti e, in uno di questi consumiamo la prima colazione approfittando anche dell’wi-fi free.
Proseguiamo la nostra passeggiata nel centro di Denver attraverso la più antica strada della città, Larimer square, dove nel tardo 800 nacque il primo saloon.
Denver è una città accogliente, molto curata e pulita, con colorate fioriere e un grande parco.
La gente è molto sportiva, fanno jokking o vanno in bicicletta di mattina presto, prima di andare in ufficio.
Sono ormai le 8, è tempo di rimetterci in viaggio e con facilità ritroviamo la nostra Mazda e ci dirigiamo verso la route 70 direzione west.
In poco tempo riusciamo ad uscire dal traffico cittadino che a quest’ora è infernale , abbiamo fatto proprio bene a venire in centro all’alba!
La strada diventa man a mano che ci allontaniamo da Denver sempre meno trafficata e, in men che non si dica ci ritroviamo soli in questa striscia di asfalto.
Nella road 70, si alternano a tratti a 4 corsie con tratti a 6 corsie.
La strada inizia con una veduta sensazionale sulle Roky Mountains che svettano ad ovest di Denver. Il paesaggio è molto verde,e , ben presto si incontra il mitico Colorado.
E’ la prima volta che lo vediamo, è il nostro primo incontro con il fiume , durante questo viaggio lo rincorreremo attraverso tre stati. Qui, nel Colorado il suo corso è tranquillo, una sorta di larga vallata verde che ricorda un po’ la nostra Valnerina per i colori ed il paesaggio.
Più ad ovest, il paesaggio cambia: sembra di essere in alta montagna, piccoli chalet col tetto a punta ci ricordano che siamo a più di 2000 metri: qui d’inverno probabilmente nevica abbondantemente. Facciamo una sosta a Glenwood Spring, porta d’accesso alla celeberrima Aspen. Il paesino è delizioso, con moltissimi negozi sportivi. Questo è il paradiso degli amanti della mountainbike, tantissimi anche i percorsi di trail. Ci fermiamo in un grande market per acquistare cibi e bevande. Ripartiamo, abbiamo ancora due ore di strada per la nostra prossima tappa: Moab. Il paesaggio continua a cambiare: ora siamo di fronte ad un enorme deserto: i colori del cielo si fondono con quelli delle maestose montagne contorniate da spettacolari dune pietrificate, siamo nei pressi del confine tra Colorado e Utah; ci fermiamo a fotografare e prendo io il posto del guidatore.
La road 70 procede e si continuano a susseguire bellissimi paesaggi desertici. Ben presto arrivo all’incrocio con la 191 per Moab, la imbocco verso sud e, in men che non si dica raggiungiamo il nostro bel motel, l’Inca inn, al centro della deliziosa cittadina all’ombra di una gigantesca roccia rossa.
Il tempo di depositare le nostre poche cose nell’accogliente stanza e ripartiamo verso l’Arches Nat Parck. Ci fermiamo all’entrata dove acquistiamo l’annual pass al prezzo di 80$ che ci servirà per entrare su tutti i parchi nazionali americani
terzo giorno:
Questa mattina ce la prendiamo un po’ più comoda: ci svegliamo alle 6,45 giusto in tempo per la colazione compresa nella tariffa della nostra camera.
Alle 7 e un quarto siamo già in viaggio. La prima tappa prevista dal mio stringatissimo programma è Canyoland National Parck. Devo dire che ero piuttosto incerta se andarci o no le recensioni ed i racconti che avevo letto non ne parlavano con molto entusiasmo.
In realtà Canyoland è bellissimo: si può vedere benissimo il canyon scavato dai due fiumi Colorado e Green River.
Siamo andati solo nella parte del parco chiamata Island in the Sky che è anche la più facilmente accessibile da Moab.
Prima di entrare nel visitor center ci fermiamo in un vasto altipiano erboso tappezzato interamente da fiori gialli. Da lontano si intravedono i giganteschi canyon. Il luogo è di una bellezza mozzafiato.
In macchina ci fermiamo su tutti i Point of view . L’imponenza del paesaggio è notevole e non oso pensare a cosa sarà il Gran Canyon.
Ripartiamo a metà mattinata da Canyoland destinazione Bryce.
Riprendiamo la route70 da dove l’avevamo lasciata ieri per andare a Moab e, la percorriamo fino all’incrocio con la 89. I paesaggi che si susseguono sono favolosi: canyon, altipiani, vallate e monagne. La strada scorre veloce, nel frattempo sole e pioggia si alternano regalandoci bellissimi arcobaleni.
Ci fermiamo per un hot dog in un emporio nell’anonimo villaggio Marysvale .
Arriviamo nel tardo pomeriggio al Bryce attraversando il red canyon a quest’ora colorato di un rosso fiamma. Entriamo dal visitor center e decidiamo di fermarci in tuti e 4 i point of view.
Purtroppo però, un temporale ci rovina i piani: riusciremo a fotografare sotto i raggi del sole solo il bryce view, per gli altri ci dovremmo accontentare solo delle minacciose nuvolaglie nere che svettano tra i pinnacoli rossi.
Dal Bryce point abbiamo una visuale completa dell’intero anfiteatro di pinnacoli.
La pioggia ci ha rovinato la visita al Bryce; con la coda tra le gambe riprendiamo la statale 89 da Panguitch e ci dirigiamo a Parowan dove ho prenotato il Montain view lodge, molto bello, pulito e con ottima colazione compresa .
La sera ceniamo con un hamburger da Patty’s un caratteristico e curioso locale al centro del paese, ed andiamo a letto .
quarto giorno:
Di nuovo questa mattina mi sveglio alle 5; approfitto della connessione wi-fi per prenotare un hotel sulla costa californiana.
Partiamo alle 8, destinazione Zion National Parck. Guido io, entro sulla freeway 89 direzione sud. Sono incuriosita da un cartello che segnala l’uscita Kolob Canyon, esco e scopro che si tratta dalla parte più a nord dello Zion, la cenerentola del parco, quella che non visita quasi nessuno. Salgo fino in cima percorrendo tutti i tornanti della bella strada fatta di bitume e terra rossa. Il canyon è bellissimo e desolato.
Purtroppo anche questa mattina minacciose nubi nere si alzano all’orizzonte.
Riscendiamo e proseguiamo la route 89. Ben presto imbocchiamo la 9 e ci ritroviamo all’entrata dello Zion. Il parco, in estate non è accessibile alle auto, così, parcheggiamo al visitor center e saliamo sulla navetta che si inerpica nel cuore del Canyon.
Scendiamo all’ultima fermata (la settima) e percorriamo il trail che termina alla fine del canyon, lungo il fiume Virgin, quello che ha scavato Zion.
Lungo il cammino decine e decine di scoiattoli saltellano intorno a noi, sono abituati alla presenza dell’uomo.
Dopo circa un’ora torniamo indietro, riprendiamo la navetta e torniamo alla nostra auto dove pranziamo con un panino.
Ripartiamo dallo Zion alle 13. Le nuvole nere hanno lasciato il posto a piccoli cirri che rivelano un bellissimo cielo azzurro che contrasta con il rosso delle rocce.
Continuiamo la route 9 che passa all’interno del parco. La strada inizia a salire, è molto stretta ed a tratti interrotta per lavori , ma è la più bella strada in assoluto che abbiamo percorso fino ad ora. Sale fin sull’estremità del canyon rivelando delle magnifiche formazioni rocciose mai viste fin ora. Se non fosse per gli alberi sembrerebbe di stare su un altro pianeta!
Ci fermiamo a fotografare, ma dobbiamo ripartire in fretta, qui tutti i point of view sono chiusi e non si può sostare a lungo. La strada culmina con un lungo tunnel con tanto di “finestre” che entra nelle viscere del canyon.
Usciti dal parco, il paesaggio assomiglia ad un immensa prateria. Ci fermiamo all’incrocio con la route 89 per berci il “bicchierone” giornaliero (è così che io chiamo gli enormi bicchieri di caffè o cola con cui girano gli americani!!).
Continuando la strada, a Kanab un tipico paese dell’West, ci fermiamo, oggi è sabato e c’è una specie di sagra in paese con 2 palchi e gruppi che suonano musica country. Moltissima gente in vestita da cowboy e bancarelle che espongono monili e vestiario tipico. Entriamo in un gigantesco store e rimaniamo stupiti dai prezzi ridicoli dei Lewis!
Verso le 16 ci rimettiamo in cammino; dopo circa 2 ore abbandoniamo lo Utah ed entriamo in Arizona. Iniziamo a vedere il bellissimo Lake Powel, formatosi dallo sbarramento del Colorado attraverso una gigantesca diga. L’acqua ha totalmente riempito un Canyon, il Glen canyon, insinuandosi nelle gole ha creato migliaia di bellissime calette ed insenature.
Raggiungiamo il nostro motel a Page, cittadina posta a poche miglia delle sponde del lago. Questa sera ceneremo in un steak house alle porte dl paese: bistecca gigante con patate e 2 birre!
In Arizona siamo un ora indietro rispetto allo Utah!
Quinto giorno:
Anche questa mattina la mia sveglia fisiologica scocca alle 5 , solo che oggi, qui a Page a causa del pacific time sono le 4: devo per forza riaddormentarmi. Aspetto pazientemente che faccia giorno e mi faccio un giro intorno al motel.
Alle 6 e 45 andiamo a fare colazione e girovaghiamo senza meta a Page. Dobbiamo infatti aspettare che il sole sia alto per poter andare a Horseshoe bend, una specie di ansa che compie il fiume che ha scavato un enorme canyon. Il sito è raggiungibile a piedi da un piccolo parcheggio attraverso una breve camminata tra la sabbia.
Il posto è molto bello e particolare, ma soffia un forte vento e non è molto raccomandabile avvicinarsi sul precipizio. Così fotografiamo da lontano.
Alle 10 ci trasferiamo all’entrata dell’Upper Antelope Canyon, un canyon che si trova su territorio Navajo, per questo occorre pagare una “tassa” di 6 $ a persona più 25 $ a testa per la visita guidata: saranno i soldi meglio spesi di tutta la giornata! L’Antelope Canyon è quanto di più spettacolare si possa immaginare: una stretta gola formata da rocce rosse che si illuminano con i raggi del sole che creano un gioco di ombre talmente particolare da sembrare irreale.
La visita dura circa un ora, una guida indiana spiega un po’ la storia della scoperta del sito e la sua conformazione
Unico neo il grande flusso di turisti specie in tarda mattinata.
Ripariamo da Page alle 11,30 destinazione Monument Valley. Lungo il tragitto ci fermiamo in un piccolo canyon chiamato Tsegi e percorriamo un breve trail che ci porterà alla scoperta di un’antica città indiana.
Il percorso che abbiamo fatto, il Sandal trail ha la durata di circa mezz’ora ed è molto facile.
Riprendiamo il cammino, dopo poco attraversiamo la brutta cittadina di Kayenta caratterizzata dai tetti colorati di verde, blu e rosso ed incominciamo a vedere le formazioni rocciose della Monument.
Arrivare alla Monument Valley ti dà una strana sensazione: è un luogo visto e rivisto milioni di volte in foto o in tv, ti sembra di esserci già stato, ma, quando la vedi, la prima impressione, quella che persiste per tutto il tempo è “l’immensità” e “la grandezza”.
Dopo aver scattato decine e decine di foto, entriamo nel tribal park. Il simpaticone dell’indiano alla cassa non ci spiega niente, ci dà in mano un volantino scritto in pseudo-italiano senza proferire parola dopo aver intascato i 12$ .
Capiamo da soli che dobbiamo fare il giro in macchina, che la strada è sterrata e che ci dobbiamo fermare solo ai belvedere.
Il giro dura circa 2 ore tra andata e ritorno.
Devo dire che a parte alcuni point of view veramente belli, la Monument è più bella da lontano.
Comunque il paesaggio è unico e ti fa restare a bocca aperta!
Dopo il giro alla Monument è quasi il tramonto, ci dirigiamo al Goulduin’s campground (naturalmente gestito dai Navajo) e prendiamo posto sulla bellissima cabin che ho prenotato.
Sesto giorno:
Mi sveglio al solito alle 5. Questa mattina non provo neanche a svegliare Michi: prendo la mia macchina fotografica, indosso una felpa pesante, prendo le chiavi della macchina ed esco dal campeggio.
Mi conquisto un posto in prima fila per godermi la “mia” alba solitaria sulla Monument.
Con la mia Nikon immortalo minuto per minuto il sorgere del sole.
Alle 7 torno alla cabin, intanto Mik si è svegliato ed ha fatto colazione.
Partiamo alle 7,30 puntando il muso della Mazda verso il South Rim del Gran Canyon.
Guido io, mi piace moltissimo guidare in queste strade nonostante i ferrei limiti di velocità, mi dà un senso di grande libertà; inoltre il cielo non finisce mai, i panorami sono bellissimi e mutano in continuazione. Dopo aver passato Tuba City ad esempio, la striscia di asfalto si insinua in un bellissimo deserto rosso.
Giriamo verso il South rim del Gran Canyon dirigendoci verso il precipizio.
Il primo approccio con il Canyon ce l’abbiamo grazie al Little Colorado, un piccolo canyon scavato da un affluente del Colorado.
La spaccatura è evidentissima. Entriamo dall’ingresso est alle 11 e percorriamo tutte le 27 miglia intercalando le soste ai point of view in circa 3 ore.
Il Gran Canyon è ”mastodontico” mai vista una cosa simile in tutta la mia vita.
Usciamo dall’ingresso est del parco ed andiamo a Tusayan dove facciamo il chek in al nostro albergo, il bellissimo e lussuoso Best Western .
Ci mangiamo un panino e, dopo mezz’ora di riposo ripartiamo alla scoperta del mitico Gran Canyon.
All’interno del parco, in alta stagione si può girare in macchina solo sui percorsi verde (quello che abbiamo fatto di mattina) e blu; poi il percorso rosso lo si deve fare in bus.
Parcheggiamo la macchina, dopo aver fatto tutti i point of view, e prendiamo l’autobus. Scendiamo alla seconda fermata e percorriamo 6 chilometri di trail vicino al precipizio.
I panorami sono grandiosi, indescrivibili, ma, il momento più bello al Gran Canyon è sicuramente il tramonto, quando il dirupo si tinge di rosso. Noi ce lo siamo goduto da Hopi point!
31 agosto
Partiamo dal bellissimo hotel di Tusayan alle 7. Ci dirigiamo verso Las Vegas.
Scopriamo che la strada che avevamo deciso di percorrere è anche la più lunga, quindi tagliamo per Williams su una bellissima freeway a 4 corsie.
In meno di 3 ore arriviamo alla diga che costituisce il lago Mead alle porte di Las Vegas.
Ci fermiamo perchè è l’ultima volta che vedremo il “nostro” amato Colorado che da 7 giorni abbiamo inseguito attraverso 4 stati. Da lontano Las Vegas è un’immensa distesa di edifici; la Dowtown è visibile da lontano.
Imbocco l’uscita 36 mentre Michi è concentratissimo con il navigatore io osservo questi primi scorci di città.
In men che non si dica siamo imbottigliati nel traffico con auto di grossa cilindrata che sgommano ai semafori. Tropicana av. scorre sotto i miei occhi ed in poco tempo siamo all’incrocio con la Strip.
Abbiamo passato il nostro hotel e non ci siamo accorti. Una svolta a sinistra di fronte a Luxor, uno degli alberghi più famosi della città, e trovo subito The Hooters l’hotel che ho prenotato via internet al fantasmagorico prezzo di 19$ e che ha il parcheggio gratuito.
Le operazioni di chek in sono velocissime: strisciano la carta di credito e ci consegnano la chiave: una stanza da 35 metri quadrati con vista piscina con play station ecc ecc..
Usciamo subito, inizia la nostra catastrofica esperienza nella città del gioco.
Prima di tutto dobbiamo cercare una lavanderia a gettoni: non abbiamo più roba pulita da indossare.
Con il motorail (un trenino sospeso su un unico binario) raggiungiamo Sarah av e poi camminiamo verso downtown.
Scopriamo che è proprio la vecchia Las Vegas che si avvicina un po’ più ai nostri gusti: la Strip, con i lustrini ed i pacchianissimi hotel satinati ci fa ridere e piangere allo stesso tempo!
Troviamo la lavatrice e mentre i nostri vestiti vengono lavati ed asciugati ci gustiamo un raffinato pasto al Burger king!
Torniamo poi sulla Strip ed incominciamo a girare un po’ dei famosi alberghi.
Entriamo a Luxor, poi è la volta di Excalibur (mio Dio non può esistere gente che ami queste pacchianate).
Proviamo il New York New York, ma siamo nauseati dall’odore che proviene dai fast food nel suo interno; è giunta l’ora di goderci il “fantasmagorico” spettacolo delle fontane danzanti al Bellagio. Direi che vale proprio la pena farsi 8000 chlilometri per vederle!
Non capisco davvero tutta quella folla di fronte ad un simile spettacolo.
Ultima “chicca” è Paris; devo dire che tra tutti è quello che mi è piaciuto “un pelino” di più.
Poi, sopraffatti dalla stanchezza (abbiamo camminato 10 chilometri in città) ci fermiamo in un ristorante messicano, ci facciamo un maxi-piatto della casa e cerveça, e poi ce ne andiamo a letto.
Credo di aver capito molto poco di Las Vegas, ma dietro ad ogni cosa ci sono menti diaboliche che hanno elaborato il tutto. A Las Vegas si possono fare chilometri e chilometri tra un hotel e l’altro senza uscire alla luce del sole.
Tutte le sale da gioco e i casinò sono rigorosamente freddi (a causa dell’aria condizionata a palla) e bui. Il giocatore deve forse perdere la cognizione del tempo e dello spazio? Peccato che noi non siamo giocatori.
Ultima riflessione: SANTA ROUTARD che recita queste parole “Las Vegas solo un posto dove fermarsi per una notte”.
Settimo giorno:
Via da Las Vegas!!! E’ il titolo di un film ma è anche quello che abbiamo pensato quando, sgassando sulla “mia” Mazda ho visto la città sullo specchietto retrovisore!
In poco tempo siamo sulla Death Valley.
Bella e desolata, altro che quel baccano a Las Vegas !
Ci fermiamo sul primo lago prosciugato che incontriamo.
Sono più di 40 miglia che non incontriamo un’auto.
Foto su foto. Il paesaggio è lunare. Mentre guida Michi intravediamo un cojote.La dtrada prosegue ed in breve siamo a Badwather; qui sono parcheggiate alcune auto, ma sono quasi le 10 e la temperatura è di 37° . Poi passiamo Fournace Creek e ci dirigiamo verso le bellissime Sand Dunas.
Qui ci fermiamo.
Michele scende e comincia a camminare. Non posso starmene in macchina. Bevo un po’ di acqua con i sali e vado anche io. Sono 40°, ma lo sforzo vale il panorama!!
Usciamo dalla Valle; in men che non si dica il paesaggio cambia.
Sembra di essere in alta montagna.
Paesi carinissimi si susseguono ed alla nostra sinistra le montagne del Sequoia National Park.
Ci fermiamo a Bishop dove pranziamo in un delizioso locale stile Arnold’s di Happy Days, con tanto di jue box.
Riprendiamo la strada verso nord e, deviamo verso il Mono Lake, un bellissimo lago, caratterizzato da belle formazioni calcaree che emergono a pelo d’acqua.
Si sta facendo tardi; dobbiamo assolutamente raggiungere la Yosemity Valley ed il Curry Village, il campground che ho prenotato per due notti.
Entriamo nel parco alle 16,20 e raggiungiamo il Courry Village alle 18.
Quasi due ore di strada nel parco e la sensazione di essere in un mondo incantato: alte vette, rocce granitiche, laghi, ruscelli e cascate…
Il chek in è veloce anche se c’è un po’ di fila.
Poche raccomandazioni: non si cucina, niente profumi, cosmetici e cibi in auto o in tenda.
C’è uno storage per ogni tenda a prova di orso: qui gli orsi sono affamati e curiosi..
La nostra tenda è spartana, ma c’è tutto quello che serve anzi pure di più: anche una cassaforte per il computer portatile!!
Il campeggio è attrezzatissimo: Wi-fi., sapone shampoo biancheria da letto e da bagno!
Ottavo giorno:
La notte trascorre tranquilla nella nostra tenda: l’orso non ci ha fatto visita!
Ci alziamo alle 8 e, dopo una lauta colazione iniziamo il nostro percorso di trekking.
Vogliamo arrivare alle Vernal Falls.
Iniziamo a camminare verso la valle,all’inizio il percorso è semplicissimo ed accessibile ai disabili (qui in USA è molto frequente) pensiamo sia solo poco più di una passeggiata. Man a mano che cominciamo a salire ci rendiamo conto che proprio così semplice non è, e, la difficoltà più grossa è, oltre agli alti scalini scolpiti nel granito, il fatto che qui i percorsi sono segnalati malissimo. Gli americani non sono sicuramente un popolo di camminatori! Insieme a noi alcuni escursionisti tedeschi cercano di identificare il percorso.
Dopo un bellissimo sentiero in mezzo ad un bosco fitto e sassoso, con tantissimi scoiattoli che ci vengono tra le gambe, arriviamo ad un ponticello: da qui da lontano si posso o sorgere le cascate. Ma noi non ci accontentiamo: decidiamo di raggiungere la sommità per osservare il salto dall’alto. Il sentiero si arrampica ai lati della montagna, attraverso il granito; dopo circa 2 ore arriviamo in cima: un delizioso laghetto è sovrastato da un’ulteriore cascata. Il tutto con la cornice dell’Half Dome, la caratteristica e gigantesca roccia che rappresenta il simbolo del parco.
Il nostro trekking è durato 5 ore, in confronto il trail sul Gran Canyon mi sembra veramente ridicolo.
Ora, coi piedi doloranti mi rilasso in piscina tra gli scoiattoli saltellanti. Mi godo un po’ di sole a 1200 metri con vista sul massiccio granitico dello Yosemite! Stasera solito schifoso e malsano hamburger ed una sana meritatissima birra, alla faccia delle 4 ragazzine vicino a me che sbandierano il “solito” bicchierone di zuccherosa Cocacola!!
Nono giorno:
E’ venuta l’ora di salutare il nostro bel Curry Village e, lo facciamo con un po’ di tristezza.
Colazione col solito bicchierone, carichiamo i bagagli e ci dirigiamo verso Glacier Point per dare un ultimo sguardo alla nostra valle.
La strada si inerpica tra bellissimi boschi e radure dorate, fino ad arrivare al belvedere. Il punto più alto ci regala una vista spettacolare sull’Half Dome e sulle cascate. Si intravedono anche le Yosemite Falls che, in questa stagione dovrebbero avere una minima portata d’acqua.
Percorriamo il sentiero a piedi, e, sotto di noi ci appare tutta la Yosemite Valley, col il fiume, i verdi prati ed il “nostro” Curry Village. Si vede anche la piscina!
Risaliamo in macchina per uscire dal parco dobbiamo percorrere la Mariposa Road . In meno di ¾ d’ora arriviamo al gate di uscita. Lo Yosemite è alle nostre spalle.
In breve tempo la strada ci porta a 700 metri sul livello del mare e, dopo Fresno osserviamo chilometri e chilometri di campi coltivati con pomodori, frutteti e verdura, un panorama a cui non siamo abituati qui negli States.
In mezzo ai campi addirittura i wc chimici!
La temperatura cresce ad ogni chilometro, siamo costretti ad accendere l’aria condizionata che noi odiamo e, che fin ora non abbiamo mai acceso. Arriviamo ad oltre 40°, ma si sentono tutti, forse a causa dell’umidità.
Ci fermiamo a fare rifornimento e ci spariamo un bicchierone gigante di thè freddo.
Finalmente arriviamo a Paso Roble. Qui le coltivazioni lasciano spazio a vigneti. Si perdono a vista d’occhio, cantine e vigne dappertutto. Imbocchiamo la stretta strada per Morro Bay e, con sorpresa e rammarico, invece di vedere l’Oceano sotto di noi vediamo un mare di nebbia!
Intanto le temperature scendono vertiginosamente. Arriviamo al delizioso paesino che il nostro termometro segna poco più di 15 gradi.
Dopo attimi di panico, perchè non riusciamo a trovare il nostro motel sulla mappa, avvitiamo il cartello con il nome della nostra via.
Il tempo di posare le nostre cose, ed usciamo, nel lungomare. Sembra di essere in un paese dell’Irlanda: tutto è immerso nella nebbia. Ma l’insieme è di un fascino unico.
Certo, altro che “assolata California” !
Un salto a pub e poi ceniamo con fish and chips.
Decimo giorno:
Una coltre di nebbia impedisce di vedere al di la dei vetri (già sudici si loro) della finestra del Sea side inn di Morro Bay. Questa mattina, se possibile c’è ancora più nebbia di ieri.
Prendiamo la OneWay direzione nord. Ci fermiamo in una lavanderia a gettoni sperando che, nel frattempo che facciamo il bucato il nebbione si alzi.
Tra l’altro oggi dobbiamo fare quel bellissimo tratto di costa che ci separa da San Francisco: con la nebbia non ha davvero senso farla.
Riprendiamo il cammino, ci fermiamo di nuovo perchè a Cambria c’è una specie di “sagra”. Ormai il le riconosco le loro feste: cappelli da cowboy, forte odore di bbq ed il gioco è fatto. Lunedì sarà il Labor day e qui sembra che tutti impazziscano per questa ricorrenza. A Cambria per esempio, nonostante siano poco più che le 10 di mattina, giovani e vecchi sono radunati sul ciglio della strada ad acclamare ed incitare i partecipanti di un’improbabile parata. Auto storiche, cani di tutte le razze, slogan recitati da giganteschi cartelli e una specie dei nostri carri allegorici.
Vediamo maluccio a causa della nebbia San Simeon e Carmel. Arriviamo a Monterey alle 13.
La nebbia è quasi scomparsa. Parcheggiamo vicino al porticciolo ed andiamo a camminare a Trinity Warf.
Veramente carino. Oggi c’è molta gente, ma il quartiere è caratteristico.
Alle 4 del pomeriggio decidiamo di percorrere la 17 miles drive, una strada panoramica molto pubblicizzata a Monteray.
Ripartiamo da Monterey un po’ contrariati. Stanotte, non abbiamo prenotato nessun hotel: dormiremo a Santa Cruz.
Santa Cruz è un paese a 80 miglia a sud di San Francisco, è una deliziosa stazione balneare. Solo che la temperatura durante tutto l’anno non è che inviti molto a fare il bagno. Oggi per esempio sono 22°.
Santa Cruz è il regno dei surfisti, ma è anche il posto dove è nato il primo skatebord,
Santa Cruz è la Las Vegas dei poveri: un luna park stabile si trova in riva al mare ed un gigantesco edificio con giochi e fast food emula un po’ i casinò del Nevada.
Oggi è sabato, in moltissimi sono venuti a fare week end lungo; con difficoltà troviamo una sistemazione alla cifra di 99$ un vero ladrocinio. E’ il prezzo più alto che abbiamo pagato per dormire durante questi 15 giorni.
Facciamo un giro in paese e poi ci ritiriamo nella nostra squallida dimora.
Undicesimo giorno:
Partiamo di buon’ora da Santa Cruz, la solita nebbiolina offusca il cielo, ma ben presto, allontanandoci della costa scopriamo un cielo sorprendentemente azzurro al quale oramai eravamo disabituati.
In poco tempo arriviamo all’aera metropolitana di San Francisco; superiamo la Silicon Valley con i vari Google, Yaooh, Microsoft Oracle e percorriamo le 50 miglia che ci separano dal centro della città.
Primo obiettivo: il Golden Gate.
Percorriamo l’intera città: è domenica mattina, il traffico è molto contenuto, attraversiamo il ponte e ci rechiamo al point of view. Dopo le foto di rito, andiamo a fare un giro a Sausalito, località molto esclusiva situata al di là della baia. Sausalito era un tempo un piccolo villaggio di pescatori, oggi, sulle caratteristiche palafitte sono collocati eleganti negozi,caffè e ristoranti.
Riprendiamo la Mazda e ci dirigiamo a Twun Peaks, un’alta collina dalla quale osserviamo un bel panorama sulla città: ci servirà per orientarci meglio in seguito.
Riscendiamo ad Union Square e facciamo check in nell’hotel da me prenotato: Union Square Plaza hotel, ottimo prezzo, ottima posizione.
Depositiamo la Mazda in un parcheggio a pagamento e passiamo il pomeriggio tra i grattacieli di Downtown e la colorata Chinatown.
Passeggiare a San Francisco è estremamente piacevole: artisti di strada, personaggi insoliti, vetrine originali e l’affascinante cable car fanno di questa città un mix unico!
Un pasto in un ristorante Thai sotto il nostro hotel, e ce ne andiamo a letto, nonostante in città la notte sia ancora giovane!
Dodicesimo giorno:
Oggi andremo alla scoperta della città: andiamo a ritirare al parcheggio la nostra auto di buon mattino: anche oggi a San Francisco è giorno festivo (labor Day) per cui poco traffico per la nostra gioia.
Prima tappa Alamo square e le 7 sorelle che non sono altro che 4 casette in stile vittoriano (molto carine) con dietro il panorama della città).
Foto, e via, ripartiamo diretti all’Ocean Beach, alle spalle del Golden Gate Park. Risaliamo per la Cliff House, scoprendo un bellissimo panorama sul Golden Gate. Ci fermiano un po’ alla Marina e poi con la nostra auto raggiungiamo la Mission Dolores, la più antica costruzione di San Francisco, la chiesetta di San Francesco di Assisi appunto, risalente al 1776.
Dopo una breve visita, visto che dobbiamo riconsegnare la Mazda , facciamo un giro ad Higth street , il qurtiere degli hippies e poi dritti alla National in Union square.
Ci separiamo dalla nostra bella macchina con molto rammarico!
Nel pomeriggio raggiungiamo a piedi Fisherman Warf, passando per Russian Hill e la Lombard Street, la famosa strada più tortuosa del mondo. Fisherman Warf è molto carino, troppo turistico, ma molto molto carino!
Per tornare in centro passiamo dalla Columbus, la Little Italy, tanti ristoranti italiani e bandierine tricolore un po’ dappertutto!
Rientriamo in hotel, il tempo di una doccia e siamo di nuovo in strada: cena da Lori’s il nostro dinner preferito!
Tredicesimo giorno:
Ultima giornata a Frisco.
Oggi, gireremo coi mezzi pubblici. Compriamo un passaport giornaliero a Market Street e prendiamo l’autobus per Hight street. Purtroppo però il quartiere è poco animato a quest’ora della mattina, per cui risaliamo sul 71 e ripercorriamo il giro al contrario. Ci fermiamo al Civic Center dove facciamo un giro intorno al Comune ricostruito su ispirazione della Basilica di San Pietro.
Ci dirigiamo poi a piedi verso SoMa e torniamo in Market Street. Sono ormai le 11,30, per cui decidiamo di andare a pranzo ad Hight street che nel frattempo si è svegliata: gli hippies la sera fanno tardi e fino a mezzogiorno il quartiere è deserto.
Andiamo in un locale e ci concediamo un brunch a base di frittate e patate. Un giro tra gli originali negozi della via e qualche foto rubata ai curiosi personaggi del quartiere.
Riprendiamo la via di casa o meglio di Union Square. Ci manca l’ultima esperienza, quella più caratteristica: un giro in Cablecar.
A Market street la fila scorre velocemente e saliamo sulla prima vettura disponibile. Il Cable car, seppure molto turistico è un mezzo di trasporto efficace e molto adatto per scoprire la città.
Si arrampica fino a Russian Hill per poi ridiscendere verso Fisherman Wharf regalando panorami stupendi sui grattacieli di Downtown.
Ci facciamo un giro di “Lewi’s”shopping a Fisherman Wharf e salutiamo la baia, con i suoi ponti ed i suoi leoni marini.
E’ tempo di tornare in hotel per controllare se i nostri trolley si chiudono ancora!
Usciamo, per una cena da Lori’s ed un ultimo giro nella “mia” magica piazza…Union Square…
Quattordicesimo giorno:
Quando decolliamo dall’aereoporto di San Francisco alle 7,30 mi tornano in mente tutti i bellissimi momenti di questo viaggio.
Vorrei che le lancette dell’orologio tornino indietro a 2 settimane fa, questa è la parte del viaggio che mi piace di meno: il ritorno.
Lasciamo San Francisco immersa in una leggera nebbiolina, la vedo allontanare come in un sogno.
Questi i consigli che posso dare in base alla nostra esperienza:
-Prenotare i motel con largo anticipo (si risparmia moltissimo) Sarà un caso, ma l’unico che non avevo prenotato è stato il più caro di tutti.
-Assolutamente sconsigliato il giro sulla 17 miles drive
-Arrangiarsi mangiando o nei supermercati (hot dog ) o nei dinner e, a meno che non si è molto affamati prendere una porzione da dividere (in USA tutto è extralarge)
-Dormire all’interno dei parchi quando possibile; ottima l’alternativa Tusayan per il gran Canyon e Moab per l’Arches. Ideale sarebbe poter pernottare durante tutto il giro nei campground, ma spesso le condizioni climatiche sfavorevoli lo impediscono
-Dedicare allo Yosemite più di un giorno: il parco merita almeno un trail!
-Il Nevada è in assoluto lo stato più economico. La benzina per esempio costa a volte 50 cent in meno al gallone che negli altri stati.