Un borgo arroccato nella verde Umbria, sonnacchioso e più provinciale che mai.
Sei ragazzini appassionati di speleologia. E’ la fine degli anni 70, i sei armati di corde e piccozze, si dirigono verso la rupe alla ricerca di grotte. Si fermano sull’orto del signor Ernani e gli domandano se in quei luoghi ci sono grotte o buchi nella roccia. Ernani indica loro un buco ricoperto di rovi nei pressi del capanno degli attrezzi . I sei galvanizzati cominciano scavare.
E’ questo l’inizio di una storia straordinaria che riporterà alla luce documenti e reperti unici al mondo. Roberto Nini faceva parte dello sparuto gruppo di giovani speleologi curiosi ed oggi si occupa quasi tempo pieno degli scavi e della documentazione che è emersa da quella lontana scoperta.
Roberto si è laureato in archeologia dopo i 30 esclusivamente per poter avere accesso ad informazioni e per poter scavare personalmente.
E’ seduto di fronte a me davanti ad una pizza nell’intervallo tra una visita guidata e l’altra e, a distanza di più di 30 anni racconta ancora con entusiasmo di come e quando il muro che nascondeva la splendida chiesetta fu abbattuto e comparì tra l’umidità l’angelo affrescato che reclamava la luce del sole.
La vita di Roberto è cambiata da quel giorno e, la sua sete di conoscere la verità su quel luogo misterioso è cresciuta giorno dopo giorno.
La visita a Narni sotterranea rapisce e coinvolge a tal punto che, ti sembra davvero di tornare indietro nel tempo ed assistere ad uno dei tanti processi avvenuti all’interno del tribunale, di sentire i lamenti dei prigionieri ed l’inquietante bisbiglio dei frati in preghiera.